Viviamo ormai nell’epoca delle fake news, ed è sempre più complicato capire chi racconta la verità e chi invece no. Alla stessa stregua, è altrettanto difficile capire chi realmente ha a cuore la questione della sostenibilità, e chi invece vuole solo mostrarsi sensibile alle tematiche ambientali, ma poi fa tutt’altro che metterlo in pratica. Questo comportamento si definisce “greenwashing”, ed è molto più diffuso di quanto si possa credere. Il termine è di origine anglosassone, ed è una sincrasi tra le parole “green”, che appunto significa verde e rappresenta il colore dell’ecologismo, e “washing”, che significa lavare. Si sente sempre più parlare di sostenibilità e di sviluppo economico, perché attraversiamo la delicata fase delle transizione ecologica. Il modo di produrre, di vivere, di spostarsi, devono cambiare per forza di cose se non si vuole condannare il pianeta. Le persone stanno prendendo coscienza di questa situazione, e aumentano quelle che prendono a cuore le questioni ambientali. Per questo motivo molte aziende in ogni angolo del mondo, utilizzano il greenwashing; per darsi una credibilità ambientale, che però è solo una facciata per vendere.
E’ una pratica ingannevole che sostanzialmente c’è sempre stata, anche perché di ambiente si è sempre parlato fin dall’inizio dell’industrializzazione. Però dagli anni ’90 in poi, il greenwashing ha avuto un’impennata, probabilmente perché si è diffusa molto di più la preoccupazione per l’ambiente e la presa di coscienza dei consumatori riguardo l’impatto ambientale delle produzioni. Il greenwashing quindi, può essere considerato una vera e propria strategia di marketing, ma da non confondersi con il green marketing.
Il consumatore viene quindi raggirato attraverso, scritte, immagini, packaging filo-sostenibili, per fare leva sulla sua sensibilità per l’ambiente e indurlo ad acquistare un prodotto. Naturalmente, essendo una pratica ingannevole, il greenwashing viene anche punito qualora se ne faccia uso. In Italia ad esempio, questa pubblicità ingannevole è controllata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Quindi, quando un’azienda sceglie di inserire i temi ambientali e di sostenibilità all’interno delle proprie campagne marketing e delle proprie etichette, in maniera non lecita e non trasparente con l’uso di green claim, la suddetta autorità interviene con sanzioni severe. Ci sono delle direttive europee che verificano le dichiarazioni ambientali delle aziende riguardo i loro prodotti messi in commercio.
Dichiarazioni che riguardano la composizione del prodotto, il modo in cui viene realizzato, come viene smaltito, quale impatto ha la sua produzione dal punto di vista energetico e il relativo livello di inquinamento. Qualora una o più di queste dichiarazioni risultasse falsa o non verificabile, allora si può parlare di greenwashing e di green claim ingannevole. Il consiglio ai consumatori per non incappare in questa pratica di marketing ingannevole, è quello di prestare attenzione quando si procede con degli acquisti, di qualsiasi genere essi siano. Inoltre fare delle ricerche sulle reali intenzioni di un’azienda, nel voler essere sostenibile non solo con le parole, ma anche con i fatti.