Le conseguenze ambientali dell'incidente di Fukushim

Giappone: ore 14:46 dell’11 marzo 2011. Al largo dell’arcipelago nipponico si genera uno dei più violenti terremoti della storia del pianeta, le cui drammatiche conseguenze saranno amplificate da un successivo devastante tsunami.
Sono passati 10 anni da quel drammatico giorno ma, ancora oggi, quando si pensa a quell’evento il pensiero va quasi d’istinto al disastro nucleare della centrale di Fukushima e ai pericoli che si nascondono dietro questa controversa tipologia di impianti per la produzione di energia elettrica. A differenza dell’incidente accaduto alla centrale nucleare di Chernobyl nel 1986, causato da una serie di errori umani e da lacune nella progettazione dell’impianto, il disastro di Fukushima avvenne a causa di eventi naturali. Non tanto per il terremoto comunque di fortissima magnitudo, quanto per le gigantesche onde dello tsunami che si abbatterono sulla centrale, danneggiando i sistemi di raffreddamento dei reattori. L’innalzamento della temperatura all’interno di essi, generò successivamente delle esplosioni con fuoriuscita di radioattività e acqua contaminata che si riversò in mare.

Le conseguenze dell’incidente dal punto di vista ambientale furono e sono tutt’oggi devastanti. All’indomani dell’evento, venne imposta una zona di alienazione estesa per un raggio di 20 km dalla centrale e ancora oggi, secondo un team di esperti di Greenpeace, ci sono diverse località all’interno della prefettura di Fukushima dove i livelli di radiazioni sono preoccupanti. In alcune di esse è stato comunque revocato l’ordine di evacuazione. Altrettanto allarmanti sono i tempi calcolati dalla Tepco, la società che gestisce la centrale di Fukushima, per lo smantellamento e la messa in sicurezza dell’impianto danneggiato. Si parla di un periodo che va dai 30 ai 40 anni. Nel programma di smantellamento, rientra anche la questione di come sbarazzarsi dell’acqua di raffreddamento dei reattori che continua ad accumularsi. Quest’acqua è stata nel tempo in parte decontaminata e stoccata in serbatori. Ma nel 2022, la Tepco non avrà più spazio disponibile per stoccarli e, tra le soluzioni che ha pensato di adottare, c’è quella di sversare l’acqua nell’oceano di fronte alla centrale. Anche se decontaminata dagli elementi più pericolosi, l’acqua proveniente dai circuiti di raffreddamento dei reattori riverserebbe in mare altri elementi chimici che potrebbero causare danni nel tempo anche alla fauna oceanica.

La questione della produzione di energia elettrica mediante impianti nucleari e più che mai aperta. In Italia non sono più attivi dal 1987 dopo il referendum indetto all’indomani del disastro di Chernobyl, ma contribuiamo al loro sfruttamento importando energia elettrica prodotta con le centrali nucleari francesi. In Germania, sulla scia dell’incidente di Fukushima, prosegue l’arresto delle centrali nucleari che si completerà entro il 2022. Ma se nel mondo molti Paesi stanno convertendo la produzione di energia dal nucleare a fonti rinnovabili più sicure e pulite, in molti altri si stanno costruendo nuove centrali di ultima generazione. Per quanto il rendimento di anche una sola centrale nucleare sia enorme nella produzione di energia elettrica, il problema delle scorie radioattive e della sicurezza restano i grandi limiti di questi impianti e il fabbisogno di corrente elettrica non farà altro che incrementare nei prossimi anni con l’aumento della popolazione mondiale. Anche per questo motivo è necessario accelerare sugli investimenti per incentivare l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e senza impatto dannoso per l’ambiente e le persone. Fukushima è l’ennesimo campanello d’allarme per l’ambiente. Non ascoltarlo rimanda solo il problema e forse con conseguenze ancora più gravi.

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